“Non c'è pace senza giustizia” : questo è la frase impressa su uno striscione nero srotolato dall'Unione donne italiane davanti al Tribunale dei minori di Roma. Ad ogni modo, non sarà facile trovare la pace per una studentessa che la notte del 31 Marzo 2007 fu violentata per tre interminabili ore e a turno da otto giovani di Montalto di Castro in provincia di Viterbo.
Si è aperto, così, il processo per stupro al “branco” che quella notte si macchiò di un crimine così vergognoso e vigliacco, destinato a lasciare un segno profondo in tutti questi anni nella mente di quella ragazza : “mia sorella non è più lei, da quel giorno...” dice la gemella “era la migliore della classe ed ha perso la voglia di studiare, prima era gioiosa e rideva sempre ed ora è sempre nervosa ed irascibile...”
Montalto di Castro è un paese di poco più di 8000 abitanti, uno di quei paesi dove ancora “tutti conoscono tutti”, conoscono le “famiglie”, sanno cosa fai, dove vai e con chi sei : insomma, gente all'antica, dove, però, diventa difficile viverci quando la normalità della vita di tutti i giorni viene “terremotata” da episodi di questo genere.
“E' stata colpa della ragazza, lei ci stava con i ragazzi” era la sentenza che serpeggiava nella piazza del paese. La gente le ha affibbiato la nomina di “poco di buono, di una seduttrice, di una provocatrice”.
Rancori,giudizi spietati,pregiudizi che, a distanza di 5 anni, non si sono per niente affievoliti, anzi, pare che si siano ancor più rafforzati.
L'impressione è che siamo di fronte ad una sentenza già emessa ancor prima che si svolga il regolare processo : perchè, c'è da chiedersi, come sarà la vita di quella ragazza quando le porte del Tribunale si chiuderanno e tutto sarà finito, (intendiamo quando il caso sarà chiuso perchè le ferite, quelle, rimangono).
Il cosiddetto “Tribunale della vita” sa essere spietato ancor più della Legge italiana e lei, la vittima, ormai l'ha capito : “Se avessi saputo tutto questo, se avessi minimamente sospettato di subire un giudizio così duro, lo giuro, non avrei mai denunciato quello che ho subito.” ha detto.
Meglio l'omertà, dunque, della vergogna, che poi, spesso, è anche la scelta finale di molte donne che hanno subito violenza, che restano nel loro triste silenzio, pur di non esporsi davanti agli altri, per timore di essere giudicate come delle puttane.
Allora, forse, ha più valore la legge “umana” secondo cui l'uomo, prima ancora di essere uomo, è soprattutto “maschio”? Se fosse davvero così, è avvilente pensare che nel XX secolo il “maschio” non è considerato tale se non “risponde a dovere” alle provocazioni di una donna.
Ricordiamoci che a Montalto, i “maschi” erano otto e non uno, bel modo di dimostrarlo....
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