In questi giorni, gli automobilisti e gli autotrasportatori
stanno pagando una tassa occulta senza che se ne rendano conto :
infatti, il prezzo della benzina dovrebbe scendere, ma ai
petrolieri conviene far finta di niente e tenerlo a livello
record.
Con la quotazione del petrolio in diminuzione, infatti, oggi per
ogni litro erogato si dovrebbero pagare 8 centesimi in meno e
così, ancora una volta, sono i cittadini, i consumatori finali a
rimetterci di tasca propria a vantaggio dei produttori.
Le difficoltà dell’economia mondiale stanno deprimendo le quotazioni del barile ma questa volta il prezzo alla pompa non ha intenzione di adeguarsi come nel passato. Anzi, in media è rimasto praticamente invariato, a quota 1,85 euro, con buona pace degli italiani e conseguenti grandi profitti per le compagnie petrolifere.
Il 4 maggio scorso la differenza tra il prezzo ottimale, che tiene conto dei costi di produzione e di distribuzione, e quello effettivamente praticato era di 2,4 centesimi al litro per il gasolio e di 7,7 per la benzina.
Sul cosiddetto “caro carburante” non è solo colpa della politica delle compagnie petrolifere. Più della metà del prezzo finale, infatti, 55% per la benzina, 52% per il gasolio, è determinato da tasse varie, Iva e accise.
Con la manovra Salva Italia il governo Monti ne ha aggiunta
un’altra, l’ennesima, pari a 8,2 centesimi sulla benzina e
11,2 sul Diesel; inoltre, in caso di calamità naturali, è già
prevista una soprattassa così come è stato stabilito dal
decreto legge sulla protezione civile, approvato recentemente,
che ha deciso che gli interventi di emergenza siano finanziati
con un’accisa di 5 centesimi al litro.
Oltre ai balzelli governativi introdotti c’è poi da tenere
presente il prezzo del petrolio, la cui variabilità negli ultimi
giorni è tendente verso il basso : infatti, la tariffa è scesa
di circa 15%, venerdì era poco sopra i 60 centesimi
al litro, quando nel mese di aprile era stata costantemente sopra i 70. Per ottenere il prezzo finale vanno poi aggiunti tutti gli altri costi, relativi al trasporto e alla distribuzione, persino i famosi “bollini” attiraclienti, i cosiddetti premi fedeltà, la cui convenienza è tutta da provare. E naturalmente non dimentichiamo l’utile dell’azienda : il margine lordo medio, negli ultimi due anni, si traduce in circa 15 centesimi per ogni litro, l’8,4% del costo finale.
al litro, quando nel mese di aprile era stata costantemente sopra i 70. Per ottenere il prezzo finale vanno poi aggiunti tutti gli altri costi, relativi al trasporto e alla distribuzione, persino i famosi “bollini” attiraclienti, i cosiddetti premi fedeltà, la cui convenienza è tutta da provare. E naturalmente non dimentichiamo l’utile dell’azienda : il margine lordo medio, negli ultimi due anni, si traduce in circa 15 centesimi per ogni litro, l’8,4% del costo finale.
C’è da dire, inoltre, che in Italia la popolazione è dispersa
e ci sono molti distributori: quasi 24mila, un quinto di quelli
europei, mentre la benzina venduta è solo un decimo: così, il
prezzo ottimale per un litro arriva a 1,708 euro per il gasolio e
1,771 per la benzina. Invece le cose non stanno proprio così :
1,73 e 1,85, ecco quanto costano oggi alla pompa benzina e
gasolio, entrambi rimasti costanti.
Tradotto in cifre : per il diesel, sono 2,4 centesimi più del
prezzo ottimale, per la benzina 7,7, nonostante il calo della
materia prima, un record. Così il margine delle compagnie è
arrivato a 23 centesimi (benzina) e 18 (gasolio) per ogni litro.
L’anno scorso, il margine era stato quantificato in media a 12,
13 centesimi e quando il petrolio è salito, molte aziende hanno
aspettato ad adeguarlo e così ci hanno rimesso. Ecco perchè,
probabilmente, ora si cerchi di compensare. E così ci teniamo i
nostri prezzi congelati, con buona pace della concorrenza che in
Italia è scarsissima rispetto al resto d’Europa. Il mercato
delle cosiddette “pompe bianche”, quelle non legate alle
grandi compagnie petrolifere, è praticamente invisibile. Su
24mila distributori, sono solo circa 500 quelle a praticare
prezzi più convenienti e sono appena 300 i supermercati che
possiedono un loro distributore, mentre in Francia la grande
distribuzione controlla il 30% del mercato
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