E va bene, lo abbiamo capito, l'Italia sta soffrendo per l'aumento dello "spread", il valore differenziale tra i titoli di Stato, ma come la mettiamo con il caro carburanti? Tutte le compagnie petrolifere fanno "orecchia da mercante", perchè il prezzo del petrolio scende e gli italiani continuano a farsi spennare dai distributori.
Le quotazioni del cosiddetto "prodotto leggero" è attualmente al di sotto della soglia dei 1000 dollari per tonnellata e, secondo le stime degli economisti, i prezzi di benzina e diesel sono ai minimi dall'inizio di Febbraio, il che dovrebbe comportare una diminuzione di almeno 3 centesimi sulle tariffe applicate alle pompe.
Ma non è così : pur tenendo conto del crollo dei consumi, questi 3 centesimi stanno fruttando alle compagnie petrolifere la modica cifra di 3 milioni di euro in più di incassi giornalieri.
Il nostro Ministero per lo Sviluppo Economico, inoltre, ha calcolato che, per lo scorso mese di Aprile, una differenza di ben 5 centesimi dei prezzi italiani rispetto alla media europea. Le compagnie provano a difendersi dalle accuse di speculazione, facendo riferimento ai costi extra, necessari per la sistemazione della rete distributiva.
Inoltre, se facciamo un raffronto, tra il prezzo applicato dalle maggiori compagnie petrolifere e quello delle cosiddette stazioni "No logo", scopriamo che la "forbice" si sta allargando sempre di più ; basterebbe costringere i colossi mondiali della distribuzione a prendere come punto di riferimento il prezzo delle stazioni "indipendenti" e il portafogli degli italiani respirerebbe una boccata d'ossigeno in più.
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