Quando
Mark Zuckerberg fondò nel 2004 quello che doveva diventare il più
famoso social network ossia Facebook, non poteva immaginare quante e
quali conseguenze avrebbe generato e continuerà a generare, la sua
creazione.
Ogni
giorno nel mondo, ci sono circa 480 milioni di utenti che si
connettono, con un totale di circa 10,5 miliardi di minuti che
quotidianamente vengono dedicati ai vari profili.
Ma
tutte le informazioni che introduciamo dove vanno a finire, a cosa
serviranno?
Esaminando un centinaio tra le più popolari applicazioni del social network più frequentato al mondo, si è appurato che, tra i dati personali richiesti, ci sono oltre all’indirizzo email e la residenza, anche gli orientamenti sessuali, politici e religiosi.
E
non solo degli utenti che scaricano l’applicazione, ma, di
conseguenza, anche dei loro “amici” . L'obiettivo? Ovvio, saperne
di più della nostra vita e dei nostri interessi. Naturalmente
l’utente deve dare il permesso con un “click” del mouse, ma
l’abitudine a rispondere “sì” , senza pensarci troppo e magari
non facendoci nemmeno più caso, alle varie richieste che arrivano
quando si scarica un’applicazione è ormai talmente diffusa che
nella maggioranza dei casi diventa quasi un automatismo.
Ne
va che le aziende produttrici di beni possono sfruttare queste
“informazioni” che spesso riguardano anche persone minorenni per
trarne vantaggi a livello di strategia del mercato, “perforando”
in un certo qual modo il muro della nostra privacy che comprendiamo
quanto sia più sottile di quanto potremmo pensare.
Perdipiù,
a maggio, Facebook dovrebbe entrare nell'indice delle quotazioni
borsistiche e consideriamo che le previsioni prevedono che il valore
della società arrivi fino alla straordinaria cifra di 100 miliardi
di dollari.
Nessun commento:
Posta un commento