Undici mesi fa, esattamente il 10 giugno, sbarcava a Roma il nuovo allenatore della Roma, lo spagnolo Luis Enrique. Era un periodo particolarmente scoppiettante per la società giallorossa appena passata dalle mani di Rossella Sensi all'impero americano dei Di Benedetto.
Le speranze dei giallorossi erano legate al tecnico iberico, che aveva preso il posto di Vincenzino Montella; certo, ci si era dovuti accontentare, non si poteva arrivare a prendere Guardiola, ma le premesse di una buona stagione romanista c'erano tutte e l'entusiasmo intorno al personaggio e al suo stile di gioco ispirato a quello della squadra blaugrana, avevano iniettato nei tifosi una buona dose di fiducia.
A conti fatti, nessuno poteva prevedere che l'avventura romanista di "Lucho" dovesse finire così presto : d'altro canto, nel calcio non conta solo il bel gioco ma soprattutto i risultati : il "bilancio" giallorosso parla di due sconfitte nei derby stagionali (così tanto sentiti nella capitale), eliminazione immediata dall'Europa League, fuori dalla Coppa Italia e dal "giro" europeo nella classifica del campionato. Insomma, peggio di così c'era solo la retrocessione.
Eppure la rosa messa a disposizione per il tecnico spagnolo era di tutto rispetto : in difesa, il portiere nazionale olandese Stekelemburg, la giovane promessa Kjaer, l'esperienza dell'argentino Heinze unita alla tecnica di Josè Angel; a centrocampo l'ex madridista Fernando Gago e i trequartisti di indubbie qualità come Lamela e Pjanic e in attacco il giovane ex Barca Bojan Krkic con l'argentino naturalizzato italiano Osvaldo, oltre al talentuoso Borini.
Chi leggendo questi nomi non avrebbe messo la Roma fra le 5 piazzate alla fine del campionato? Ricercare le cause di questa debacle non è semplice : è vero che il rapporto di Luis Enrique con alcuni giocatori-simbolo della Roma (vedi Totti e capitan futuro De Rossi) è stato dall'inizio piuttosto turbolento, ma sin dall'inizio si è avvertito negli spogliatoi giallorossi un clima agitato che talvolta si è platealmente manifestato come in occasione del litigio Lamela-Osvaldo.
Incapacità di tenere lo spogliatoio unito? Forse. Modulo di gioco non adatto al calcio italiano? Anche. Luis Enrique, però, ha sicuramente peccato di presunzione e ha mostrato poco rispetto verso una figura carismatica come quella di Bruno Conti, allontanato dallo staff dirigenziale e rimpiazzato da collaboratori spagnoli scelti da lui. Al contrario di Josè Mourinho, per esempio, che, quando era alla guida dell'Inter, volle Beppe Baresi al suo fianco come conoscitore dell'ambiente nerazzurro, così come attualmente nel Real è stato affiancato dall'ex Karanka.
I tifosi giallorossi non lo rimpiangeranno, nemmeno chi ha voluto difendere la sua filosofia di gioco fino all'ultima partita : ora punto e a capo, inizia un nuovo capitolo, o forse è meglio dire che la storia, probabilmente, riprenderà da dove si era interrotta, ossia con Vincenzo Montella.
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